I giorni di pioggia dovrebbero essere trascorsi a casa magari in compagnia di un buon libro ed una tazza di té. Una delle bevande più antiche conosciute sulla terra, seconda solo all’acqua, il té è noto fin dai tempi antichi per le sue proprietà benefiche; ma forse non tutti sanno che è proprio questa piccola pianta ad assumere un ruolo di fondamentale importanza come testimone dell’influsso asiatico in Occidente, partendo proprio dal Giappone prima ancora che dalla Cina, dalla Corea o dall’India dove veniva consumato come nutrimento. Nato infatti come medicina, il té, ha assunto il ruolo di bevanda solo nell’VIII secolo in Cina quando venne introdotto nel mondo della poesia come uno dei passatempi della classe artistocratica. Solo nel XV secolo il Giappone lo eleva al rango di una vera e propria religione estetica legandolo allo zen, e formando con quest’ultimo, un rapporto talmente stretto da diventarne l’uno espressione dell’altro. Fu allora che il té divenne veicolo di ricerca interiore nei monasteri buddhisti, per poi diffondersi tra la classe aristocratica e successivamente nell’alta borghesia mercantile, grazie all’opera di Sen-no-Rikyu (1521-1571) considerato il fondatore e il più grande esponente della via moderna del té. Attraverso il suo intervento vennero fissati i rituali e le procedure che si tramandano fino ai giorni nostri e di cui abbiamo già accennato nel post Raku: l’universo in una tazza da tè a lui dedicato.
Il tè venne introdotto in Europa dalla Compagnia olandese delle Indie verso la metà del sec. XVI; ma l’uso di questa bevanda cominciò a diffondersi, specie in Inghilterra, appena un secolo più tardi. Tuttavia fu solo il novecento a diventare testimone di un grande interesse universale sia per lo zen che per l’arte del té, portando questo argomento fuori dal continente asiatico. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce il “Libro del té“, (茶の本)di Okakura Kakuzo un vero caposaldo di questa filosofia estetica che va oltre i confini dell’Asia.
Ma prima di perderci nella lettura di queste splendide pagine diamo un breve sguardo al momento storico in cui si inserisce quest’opera nel suo Paese d’origine.
Il periodo Meiji letteralmente “Regno Illuminato”, ha rappresentato una fase storica del Giappone molto importante segnata dai 44 anni di regno dell’Imperatore Mutsuhito (1868-1912). Il giovane principe nacque il 3 novembre 1852 nel Palazzo Imperiale di Kyoto, allora residenza dell’Imperatore, in un Giappone fortemente segnato dalla crisi politica e sociale. A quel tempo lo shogunato retto dalla famiglia Tokugawa era stato costretto dalle forze americane, guidate dal commodoro Perry, ad aprire il Paese al commercio estero con l’occidente, abbandonando la secolare politica di isolamento messa in atto dal governo di allora. Il Giappone si divise in due fazioni contrapposte: da una parte i conservatori, vicini alla Corte Imperiale che chiedevano l’espulsione degli stranieri dal Paese, dall’altra i sostenitori del governo shogunale, favorevoli ad un’apertura all’occidente per rafforzare il potere dello shogun e non cedere in modo passivo a queste richieste. Alla sconfitta dell’ultimo shogun, Tokugawa Yoshinobu, l’Imperatore Meiji fu il primo ad avere potere politico. Tra le varie riforme iniziò a modificare anche la struttura sociale ed economica di un Giappone che passò in breve tempo da stato feudale a potenza mondiale capitalistica ed imperialistica. Fino a quel momento era stato un impero isolato e pre-industriale, controllato dallo shogunato Tokugawa che aveva regnato con la spada per secoli, su centinaia di domini sparsi su tutto il Giappone. Con la sconfitta dello shogunato la capitale venne trasferita da Kyoto alla vecchia capitale Edo, in seguito rinominata Tokyo (Capitale dell’Oriente).
Ne conseguirono grossi cambiamenti in tutti i campi. In ambito religioso venne abolito il buddhismo e lo shintoismo divenne religione di Stato lasciando però al Paese libertà di culto. Si avviò la formazione di un esercito, l’istruzione divenne obbligatoria ed il Giappone si aprì all’occidente con una politica imperialistica che guardava ad una sua posizione al pari delle altre potenze europee e di predominanza nel Sud-Est Asiatico. In campo economico si iniziò a modernizzare l’agricoltura grazie all’introduzione di nuove macchine e di prodotti dall’occidente; lo yen divenne la nuova moneta mentre la produzione industriale cresceva e si formava il capitalismo con la creazione di nuove industrie e gruppi finanziari. In questo periodo vennero studiati i modelli costituzionari europei arrivando, nel 1889, alla promulgazione della nuova Costituzione basata sul modello imperiale tedesco che riconosceva all’Imperatore un potere assoluto anche sulle forze armate, mentre venne istituito un parlamento bicamerale con una camera dei rappresentanti ed una camera dei consiglieri.
In questo sfondo di cambiamenti profondi e di tumulti nasce a Yokohama nel 1862, Okakura Kakuzo conosciuto anche come Okakura Tenshin (岡倉天心), intellettuale e scrittore laureatosi all’Università Imperiale di Tokyo nel 1880. Come consuetudine per i letterati della sua epoca spinti ad imparare quanto più possibile dall’Occidente, compì molti viaggi all’estero. Venne nominato a capo della Scuola d’Arte di Tokyo (Tokyo School of Fine Arts), della quale era stato uno dei fondatori ma dal cui ruolo si dimise presto come forma di protesta contro l’occidentalizzazione che veniva incoraggiata in tutto i Paese. Fondò così l’Istituto d’Arte Giapponese (Nihon Bijutsu) raccogliendo l’opera di 39 artisti che difendevano la cultura del Giappone da tutte quelle correnti orientate verso posizioni filo-occidentali. L’Istituto venne però ben presto chiuso ed il rammarico lo spinse a trasferirsi in America dove divenne direttore della sezione cino-giapponese del Museum of Fine Arts di Boston.
Il “Libro del Té” venne pubblicato nel 1906 a New York, direttamente in lingua inglese, e destinato ad un pubblico occidentale con un’inestimabile ricchezza di dettagli sulla cerimonia del té e del “teismo“, descritto dallo stesso autore come “…un culto fondato sull’adorazione del bello, nello squallore dell’esistenza quotidiana. La sua essenza è costituita da purezza, armonia, mistero della reciproca carità e romanticismo dell’ordine sociale. È essenzialmente il culto dell’Incompiuto, un tentativo delicato di raggiungere il possibile in mezzo a quell’Impossibile che chiamiamo vita”.
Un percorso di lettura di estrema ricchezza, quasi un viaggio tra buddhismo zen e taosimo, divenuto un testo centrale nel movimento orientalista dei primi ‘900, che esplora la cultura del té con la convinzione che Occidente e Oriente potessero coesistere armoniosamente attraverso questa pratica. “Oriente e Occidente, come due draghi scagliati in un mare agitato, lottano invano per riconquistare il gioiello della vita […]. Beviamo, nel frattempo, un sorso di tè. Lo splendore del meriggio illumina i bambù, le sorgenti gorgogliano lievemente, e nella nostra teiera risuona il mormorio dei pini. Abbandoniamoci al sogno dell’effimero, lasciandoci trasportare dalla meravigliosa insensatezza delle cose.”
Attraverso la lettura di queste pagine ci avviciniamo anche alla vera essenza della Cerimonia del Té (茶の湯=chanoyu) così com’era praticata e vissuta nella tradizione del Giappone quale via spirituale di realizzazione estetica ed esistenziale. Un testo unico che contiene tutto l’amore di questo autore per la propria cultura ed una critica aperta all’occidente, scritto per difendere il proprio Paese dagli stessi giapponesi attratti in quegli anni dalla cultura occidentale a discapito delle proprie tradizioni. Una scrittura molto chiara e semplice dove l’autore prende una posizione scomoda soprattutto per i parametri del tempo. Ma al contempo un invito al mondo intero a cercare dei momenti di riflessione e scambio tra uomo, natura ed ambiente mantenendo sempre una visione di rispetto e conoscenza del passato insieme ad una buona dose d’interesse nel futuro. Un vero classico della letteratura giapponese di estrema attualità non solo riferito a questa cultura, quanto mai necessario per comprenderla più a fondo.
“La filosofia del tè non è un banale estetismo, almeno nell’accezione in cui usiamo comunemente questo termine, poiché essa ci aiuta a esprimere, insieme all’etica e alla religione, il nostro modo di vedere l’uomo e la natura.”