Al ritmo delle stagioni

La natura ha una grande influenza nella vita del Giappone che pone molta cura nel fare ogni cosa al momento giusto. È cosi che l’elemento naturale entra a far parte della sua vita divenendo cultura stessa,  esprimendosi in varie forme attraverso l’arte dell’ikebana o nella poesia. Basta pensare all’haiku e al suo modo unico di catturare l’attimo con una sola parola detta kigo (季語 letteralmente “parola della stagione”). Ma non solo gli scrittori giapponesi sono maestri nel tessere metafore naturali nelle trame delle loro storie, qui anche le lettere o semplici sms iniziano quasi sempre con un breve accenno al tempo e alla stagione. La natura segna dunque lo scorrere del tempo, il passaggio delle stagioni e si offre attraverso i  suoi simboli a riti e celebrazioni.
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Di questo fanno parte i cosidetti “Gosekku” (五節句), i Cinque festival che si svolgono rispettivamente il 7 gennaio “Nanakusa no sekku”, associato alle festivita’ del Nuovo Anno, il 3 marzo “sangatsu no sekku” o “momo no sekku”, la festa dedicata alle bambine, il 5 maggio “tango no sekku” o ” gogatsu no sekku” una celebrazione associata ai bambini maschi, il 7 luglio “Tanabata” o festa delle stelle che segna l’inizio della stagione estiva e il 9 settembre “kiku no sekku” o festa dei crisantemi in cui si festeggia il passaggio  versi l’Autunno. Per ognuna di queste ricorrenze ci sono  dei riti che coinvolgono il paesaggio urbano e a cui vengono associati dei colori, delle decorazioni, dei simbolismi, dei cibi che accompagnano questo popolo dai tempi antichi. È cosi che durante le celebrazioni del Nuovo Anno troviamo il pino da sempre simbolo di longevità, forza e benessere mentre pesche e bambole diventano i simboli della festa delle bambine. E ancora iris e carpe vengono dedicati ai bambini maschi come simboli di onore e coraggio, mentre  bambú e gelso sono le rappresentazioni tipiche del 7 luglio, così come il 9 settembre l’arrivo dell’autunno viene accompagnato dal crisantemo, il fiore simbolo del Giappone e della casa Imperiale.
Oggi il settimo giorno del settimo mese, in tutto il  Giappone si festeggia Tanabata (七夕) letteralmente la “Notte del Settimo” nota anche come la “Festa delle Stelle”.
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Una tradizione introdotta dalla Cina durante l’VIII secolo, inizialmente riservata alla classe aristocratica che divenne popolare solo nel periodo Edo (1603-1868) di cui possiamo trovare testimonianza anche nell’opera di Utagawa Hiroshige  all’interno della raccolta “Cento vedute famose di Edo” (名所江戸百景 Meisho Edo Hyakkei) dal titolo “Prosperità in tutta la città durante il Festival di Tanabata” (市中繁栄七夕まつり Shi chuu Han ei Tanabata matsuri 1854-1860).
Utagawa Hiroshige
Ora come allora nel giorno di Tanabata si scrivevano dei desideri su delle striscioline di carta che venivano appese a rami di bambú decorati con origami ed altri ornamenti, offerti alle stelle nella speranza che potessero avverarsi. A questa tradizione era associata anche una leggenda popolare ancora oggi la quale  narra di una coppia di amanti formata dalla stella “Altair” (Kengyuu) e dalla stella “Vega” (Orihime) che per una serie di vicissitudini, sono costrette ad incontrarsi nella via Lattea solo una volta all’anno, ovvero il 7 luglio. Ma leggende a parte, dobbiamo ricordare che Altair, Vega e Deneb costituiscono in astronomia il cosidetto “Triangolo Estivo” ovvero un gruppo di stelle molto brillanti che appaiono nel cielo notturno appena dopo il tramonto proprio da giugno ai primi di gennaio da cui probabilmente prende spunto questo racconto.
L’usanza di appendere i tanzaku [短冊] ovvero delle striscioline di carta sui  rami di bambù proviene dunque da una tradizione cinese celebrata questo giorno in cui le donne pregavano la stella Vega affinché  le aiutasse a migliorare le capacità nell’arte della tessitura e del cucito. In Giappone, durante il periodo Heian (795-1185)  era invece usanza scrivere delle poesie su foglie di  gelso in giapponese “kaji” (梶), usate anche  come contenitori per le offerte nei santuari shontoisti e da molte famiglie giapponesi come simbolo all’interno dello stemma di famiglia. Le foglie di questa pianta erano inoltre usate anche per nutrire i bachi da seta, che producevano la fibra necessaria per confezionare i preziosi kimono della classe dominante. Ecco come il  gelso con la sua funzione simbolica di sostegno, nutrimento e sacrificio, associato al bambú, una pianta altrettanto sacra e usata fin dai tempi antichi nei rituali shintoisti per le sue capacità augurali e di protezione da mali e demoni,  siano diventate il simbolo della festa di Tanabata.
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Un momento dell’anno tra realtà, tradizione e fantasia che con i suoi decori colorati e ondeggianti nei cieli del Giappone, ci ricorda il passaggio dalla stagione delle piogge che ormai volge al termine per lasciare spazio ai caldi raggi dell’estate.

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