Il Giappone, una terra di vulcani disseminata di sorgenti termali naturali e ricoperta per la maggior parte da aree boschive. La morfologia del suo territorio ed il clima, particolarmente caldo ed umido caratterizzato da frequenti tifoni, esondazioni e terremoti, hanno fortemente influenzato la vita dei giapponesi che hanno saputo cogliere altrettanto sapientemente ciò che offriva la natura, traendone un immenso beneficio. Ma queste condizioni hanno conferito a questo popolo anche un senso di impermanenza e profonda riverenza nei confronti di una natura indomabile e, proprio per questo da rispettare. L’usanza del bagno nella tradizione giapponese deriva da un rapporto molto intimo con la sua natura che ha motivazioni sia di ordine pratico che spirituale, dove il fine principale non è solo riconducibile all’igiene personale.

Una delle più remote descrizioni con riferimento al rituale del bagno è reperibile nell’Izumo-no-kuni-Fudoki, la più antica raccolta enciclopedica del Giappone (713-733) dove sono descritte le caratteristiche naturali, la cultura e la storia della regione di Izumo, l’attuale prefettura di Shimane. Nelle sue pagine si legge di uomini, donne, vecchi e bambini dalla pelle bellissima, immersi in una sorgente termale. In seguito tracce di quest’antica tradizione si possono trovare nei templi Buddhisti, dove apposite aree erano costruite per lavare e purificare sia i monaci che le statue del Buddha. In tempi antichi, occasionalmente, queste stanze venivano aperte alla popolazione per offrire la possibilità di un bagno, rituale allora conosciuto con vari nomi tra cui seyoku (施浴), kudoku (功徳) o ryûgan (立願). Ma l’acqua è da sempre associata con valore di rito in Giappone anche alla religione Shintoista. Ancora oggi, mani e bocca vengono purificate con l’acqua di una fonte prima di accedere all’area di un tempio; un rito conosciuto con il nome di misogi (禊) tramite il quale si rimuovono le impurità, non solo dal corpo ma anche dalla mente e dallo spirito.
La prima traccia

scritta della parola
sentō (
銭湯), usata invece per descrivere un bagno pubblico, apparve nel 1266 all’interno del Nichiren Goshoroko. Qui si legge che l’Imperatore Go-Daigo aveva realizzato un
sentō presso il tempio Unkyou a Kyoto. Non è noto quando i bagni pubblici abbiano esattamente iniziato ad operare come attività redditizie indipendenti dai templi, tuttavia si ritiene che il primo bagno pubblico venne inaugurato nel 1591 nella città di Edo, l’attuale Tokyo. Verso la metà del XVIII secolo, Edo era il centro principale del commercio, delle arti e dell’autorità politica. A quell’epoca non esistevano i bagni nelle case, sconsigliati anche per la scarsa sicurezza che derivava dal metodo per riscaldare l’acqua, causa di facili incendi, e per questo la popolazione si recava nelle Ooyuya (大湯屋) dove vasche comuni ospitavano uomini, donne e bambini. La nudità veniva vista allora come un modo per equiparare le classi sociali, allora distinte in caste, ma ancora oggi la frase “
hadaka no tsukiai” (amicizia a nudo) viene vista con significato positivo per dimostrare che non si ha nulla da nascondere insieme al desiderio di rivelare la propria vera natura. Per questo la maggior parte delle palestre, campi da golf, oltre che
onsen e
ryokan, hanno ancora oggi delle vasche comuni dove le persone si ritrovano al termine della loro attività per socializzare e rilassarsi. Chiaramente con la restaurazione Meiji ed il sopraggiungere di una nuova idea di civilizzazione, i bagni comuni misti per uomini e donne sono stati aboliti, ma il rito del bagno continua nella tradizione del Giappone sempre accompagnato da questo spirito.


Lo scopo del bagno è dunque quello di liberare il corpo dalle impurità quotidiane, creando un momento di meditazione più assimilabile ad una filosofia di vita. È per questo che prima di entrare nella vasca, ci si lava corpo e capelli con acqua calda, servendosi di uno sgabellino ed un catino posti sempre a fianco della vasca. Solo qui si utilizza il sapone, risciacquandosi accuratamente prima di accedervi. In casa tutti i membri della famiglia usano per il bagno la stessa acqua ed anche gli ospiti sono invitati a condividere questa esperienza accedendo al bagno in ordine di importanza. Tradizionalmente le vasche erano realizzate in legno hinoki, un cipresso tipico del Giappone che a contatto con l’acqua calda ed il vapore emana una caratteristica fragranza, infondendo oltre ad una piacevole sensazione olfattiva molte funzioni benefiche. In Giappone l’esperienza del bagno avviene dunque in diverse occasioni e sullo sfondo di molteplici ambientazioni: Ofuro, il bagno in genere, sentō, il bagno pubblico, onsen, il bagno termale e rotenburo, il bagno all’aperto, caratterizzato da splendide scenografie in mezzo alla natura stessa che ne diventa protagonista.


Il calore e la purezza dell’acqua, le venature del legno con i suoi sentori, il silenzio interrotto dai rumori della foresta o dallo scorrere di una cascatella, le vasche di pietra o scavate nella roccia insieme agli effluvi delle acque termali o semplicemente nell’intimità domestica della propria stanza da bagno. Tutto questo dà vita ad un’esperienza che ci coinvolge nel profondo dell’animo, manifestando i quattro principi fondamentali di questa cultura propri della Cerimonia del Té: wa-kei-sei-jaku (armonia-riverenza-purezza-quiete).
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