
大寒
daikan
Dal 20 gennaio in Giappone è iniziato il periodo più freddo dell’anno chiamato daikan 「大寒」, un termine composto da due ideogrammi che significano rispettivamente “grande” e “freddo”. Un intervallo di tempo che si protrarrà fino al 3 febbraio, durante il quale il termometro generalmente si abbassa in tutto l’arcipelago ma che segna, d’altra parte, la fine dell’inverno e l’avvio verso una stagione più mite.
Abbiamo già accennato altre volte come il Giappone abbia un legame molto stretto con la natura riflesso nelle stagioni che scorrono come linfa al passare dei giorni, e segnate da un clima che trasforma ogni aspetto dell’ambiente. L’osservazione di questo passaggio ci porta a scoprire una bellezza sempre diversa: un paesaggio coperto di neve, i venti dell’Est che sciolgono i ghiacci, la pioggia che bagna la terra, un fiore che sboccia oppure un bruco che diventa farfalla. Sono tutte immagini che si susseguono l’una dopo l’altra scandite dal tempo.
Questo forte rapporto tra uomo e natura, dove il ritmo della vita è accompagnato da feste e rituali quasi sempre legati alla terra, è riconducibile all’uso del calendario lunisolare cinese. Secondo questo calendario, basato sul calcolo dei movimenti della Luna e della rotazione terrestre attorno al Sole, l’anno viene diviso in 24 micro-stagioni chiamate nijushi-sekki 「二十四節気」che comprendono le 4 stagioni principali (primavera, estate, autunno, inverno) a loro volta suddivise in 6 periodi della durata di 15-16 giorni, frazionati in altri brevi periodi di 5 giorni che portano a ripartire l’anno in un totale di 72 periodi. Fino all’avvento dell’era Meiji (1868-1912) il Giappone utilizzava il calendario lunisolare chiamato wareki 「和暦」, facendo coincidere il Capodanno con quello cinese, ma nel 1873 venne rimpiazzato da quello Gregoriano portando questa festività al 1 di gennaio.
Sebbene la maggior parte dei giapponesi abbia per lo più dimenticato la suddivisione dei vari periodi, questo fluire millesimato del tempo è ben presente ancora oggi in molti aspetti della vita. Osservando ciò che ci circonda, è come se ogni cinque giorni trovassimo lo spunto per iniziare o cessare un’attività legata alla terra, ma non solo. Possiamo infatti scrivere una lettera iniziando con una frase legata a quel preciso istante, scegliere la parola chiave di una poesia, oppure intravedere una sfumatura diversa nel paesaggio di un quadro, nelle trame di un kimono, in una porcellana o nel sapore di un nuovo ingrediente. È come se il tempo ci suggerisse l’aspetto migliore da cogliere in quel preciso istante.

Così daikan è il momento del grande freddo che ci riporta alla bellezza di un cristallo di neve, alla purezza del bianco o dell’acqua che scorre gelida in un torrente; ma è anche il periodo più adatto per iniziare la preparazione di quei cibi fermentati che prediligono l’aria gelida e secca dell’inverno. Si dice infatti che l’acqua attinta nel freddo inverno kan-no-mizu 「冬の水」 renda il sake, il miso e la salsa di soia preparati in questo periodo di qualità superiore. Insomma, fin dai tempi antichi si sapeva bene che questi erano i giorni più propizi poiché impurità e germi sono ridotti al minimo, dunque perfetti a consentire quella fermentazione lenta e adatta per ottenere un prodotto di qualità elevata.
In questo ritmo scandito dal fluire dei giorni e da una saggezza popolare che ha radici lontane, ci muoviamo lentamente verso la fine dell’inverno. Nei piccoli negozi di quartiere, ancora oggi simbolo di un Giappone che vive tra passato e presente, è adesso il momento in cui si possono trovare gli ingredienti per la preparazione del miso, seguendo una tradizione che si tramanda da secoli e cogliendo l’istante migliore offerto dal grande gelo…ma di questo vi parlerò la prossima volta…