Un importante capitolo della storia del Giappone è senza dubbio legato alla famiglia Tokugawa. Il loro dominio ebbe inizio nel 1603, anno in cui Tokugawa Ieyasu venne nominato shōgun dall’imperatore, e durò fino al 1868 quando l’ultimo shōgun, Tokugawa Yoshinobu, fu costretto a dimettersi, dando inizio alla successiva epoca Meiji.


Ma torniamo a parlare della famiglia Tokugawa sullo sfondo della Tokyo di oggi. Dopo la sua nomina, Tokugawa Ieiyasu, designò come daimyo il suo undicesimo figlio, Yorifusa che divenne il fondatore del ramo Mito della dinastia Tokugawa, insieme ai rami Kii e Owari, noti come le tre casate dei Tokugawa (Gosanke). Sebbene il ramo dei Mito disponesse di minori ricchezze e terreni rispetto agli altri due, ebbe tuttavia una notevole influenza sulla vita del Paese, spostando lo status del suo ramo su un piano più intellettuale. Nel 1629 Tokugawa Yorifusa stabilì la propria residenza nei pressi del castello di Edo, dove un giardino noto con il nome di Koishikawa Koraku-en, venne completato durante il regno del secondo sovrano dei Mito, Tokugawa Mitsukuni.



Seguendo la filosofia del suo tempo, Tokugawa Mitsukuni volle incorporare in questo luogo, oggi aperto al pubblico, alcuni concetti fondamentali ripresi proprio dallo studioso confuciano Shu-Shunsui, che possiamo riscoprire in un susseguirsi di angoli ricchi di storia. È così che camminando tra i suoi viottoli scorgiamo la riproduzione del lago Seiko-no-Tsutsumi (in cinese Xi-Hu); il “Ponte della luna piena” (Engetsu-kyo), il ponte vermiglio (Tsuten-kyo) ed altri siti traboccanti di significati, come il nome stesso di questo giardino. Si dice infatti che “Koraku” , composto dai due ideogrammi “divertirsi” (楽)e “dopo” (後) venne ripreso da un testo cinese di cui Mitsukuni stesso era ammiratore. Qui si sosteneva come “chi è al potere dovesse preoccuparsi prima degli altri, e cercare il piacere solo dopo che gli altri si fossero divertiti”. Una frase che ci riporta diritti alla dottrina confuciana, ricordandoci alcuni valori come il senso di dovere e responsabilità, che ancora contraddistinguono questa cultura.


