Dillo con un manga

L’atto di comunicare da solo non sempre basta, anzi, per trasmettere un messaggio in modo efficace è talvolta necessario attirare l’attenzione associando al testo delle immagini. Questo accade di frequente in Giappone dove si comunica spesso su più livelli usando testo, grafica e vignette con messaggi indirizzati ad un vasto pubblico: impiegati, casalinghe, studenti, bambini e così via.

Ma la comunicazione visiva in Giappone ha radici molto profonde. Il fumetto trova infatti le sue prime rappresentazioni già nel tardo periodo Heian (794-1185) con i rotoli dipinti emakimono. Particolarmente amati dall’aristocrazia dell’epoca e tramandati originariamente dalla Cina, questi rotoli erano formati dall’unione di fogli di carta o seta in lunghezza variabile dai 9 ai 12 metri dove venivano riportate immagini e testi con una caratteristica molto vicina a quella dei moderni manga.  All’interno di queste storie, un mondo fastastico ed immaginario catturava la vita di animali e creature d’ogni genere nelle più svariate avventure rappresentati sotto forma di caricature.

La stessa parola manga che deriva dalla combinazione di  man=libero, vasto, vago e ga=disegno fu ampiamente usata durante tutto il periodo Edo (1603-1868) con il significato di “schizzo”, come  in una delle prime raccolte di disegni satirici “Hokusai Manga” ad opera dello stesso Hokusai Katsushika. Tuttavia alcuni studi riportano come il termine manga così come viene usato dai giapponesi oggi, sia stato emanato per la prima volta il 6 febbraio 1890 da Imaizumi Ippyo nel giornale Jiji Shinpo, fondato da Fukuzawa Yukichi (1835-1901) -oggi ancora raffigurato nelle banconote da 10,000 yen come traduzione della parola italiana “caricatura” con il significato di “esagerazione”.

Durante tutto il periodo Edo, la vita del Giappone fu pertanto narrata con satira e senso dell’umorismo attraverso una folta produzione di ukiyo-e; un tipo di stampa su carta impressa con matrici di legno, fiorita tra il XVII e XIX secolo a cui contribuì il lavoro di artisti come Hokusai (1760-1839), Utagawa Kuniyoshi (1797-1861), Utagawa Kunisada (1786-1865), Kawanabe Kyosai (1831-1889) solo per citarne alcuni. L’ukiyo-e si diffuse subito a livello di massa in quanto non richiedeva una tecnica costosa e poteva essere riprodotto facilmente in molte copie. Dipingeva la vita della città, le scene dei quartieri, le belle cortigiane, i lottatori di sumo, gli attori di teatro avvicinandosi all’interlocutore con una chiave di lettura facilmente comprensibile. Nel corso dei secoli i contenuti si adattarono ai cambiamenti mantenendo tuttavia la caratteristica originaria del manga che voleva una satira sulle maniere, sui costumi, sulla politica, sulla società e sulla natura umana.

Dipingere la realtà attraverso l’uso di fumetti e vignette rientra dunque nel quotidiano in Giappone da molti secoli.  D’altra parte dobbiamo riconoscere che si tratta di una cultura basata su una lettura non alfabetica, e per questo più orientata verso segni ed immagini di quanto non lo sia quella occidentale. Ancora oggi la comunicazione, soprattutto di valenza civica e informativa nel sociale, veicola il proprio messaggio privilegiando questo strumento.

Ogni paese ha certo un suo modo di comunicare nel rispetto della propria cultura e delle sue abitudini, ma talvolta ricordare le buone maniere con un manga può strappare un sorriso e risultare forse più efficace di quanto non lo sia una semplice scritta.

 

 

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Numero 29 ha detto:

    Japanese Manga is also pop culture and a common tool to present daily
    information in fancy way with humor and feeling of satire. Like it!

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