Questione di feeling

 

Cucina non è mangiare. È molto, molto di più. Cucina è poesia. (Heinz Beck)

Vivo in Giappone uno dei paesi più foodie del mondo; qui è difficile resistere alla tentazione di provare tutto  o essere incuriositi a prepararlo almeno una volta. Quando cucino la mia mente si libera da ogni pensiero. Parto sempre dall’ingrediente con una regola: non preparare mai piatti troppo complicati. Amo però viaggiare partendo dai sapori più tipici della nostra tradizione italiana; un salto in Marocco con le sue influenze arabe, persiane e andaluse; poi in Libia, Israele, il Libano come punto d’incontro tra Europa, Asia e Africa; le spezie profumate dell’India,  i sapori intensi della Tailandia e dell’Indonesia  ritornando qui in Giappone. Apprezzo il cibo ma non cucino per mangiare. Mi piace la scoperta e pensare al momento di felicità che posso offrire ogni giorno a chi mi è vicino anche attraverso  questo  piccolo gesto.

Cucinare suppone una testa leggera, uno spirito generoso e un cuore largo.
(Paul Gauguin)

Oggi vorrei parlare della soba, uno dei piatti più tipici della tradizione giapponese ma ancora poco conosciuto all’estero. Un sottile tipo di pasta di grano saraceno con una forma molto simile ai nostri tagliolini. Qui si trova un pò ovunque come la nostra pasta. Sono moltissimi i ristoranti specializzati in questo piatto; dai fast food per le strade e nelle stazioni metropolitane per uno spuntino anche in piedi chiamati tachigui-soba (tachi=stare in piedi, gui=flessione del verbo “mangiare”), a locali tipici ma non necessariamente costosi dove poterla gustarla pienamente meglio conosciuti come soba-ya. Prepararla a casa non è uso comune ma provarci almeno una volta può aiutare a capire molte cose non solo legate al cibo. Come per il pane o la pizza anche nella soba il tatto è il senso fondamentale; sentire la pasta sotto le mani, trasmettergli la propria energia; la sensibilità è un’altra parola chiave unita all’esperienza. In cucina bisogna entrare in sintonia con la materia, capirla, esaltarla e donare un pò di se stessi per ricevere; come nei rapporti personali.

L’impasto

Sembra facile. Si deve prima miscelare la farina di grano saraceno con quella di grano tenero in proporzioni variabili a seconda della ricetta. Il grano saraceno non ha glutine e quindi si amalgama difficilmente per questo viene aggiunto del grano tenero. Per qualche minuto si incorpora questa miscela usando solo i polpastrelli; cosi facendo si eliminano eventuali grumi permettendo all’aria di entrare nel composto che si rigonfia aumentando di volume. A questo punto si aggiunge il 90% dell’acqua, mescolando l’impasto sempre con i polpastrelli fino a che, a poco a poco, non inizia a raggrupparsi in piccole sfere. Si unisce quindi l’acqua restante continuando a lavorare con la pressione del palmo fino ad ottenere una palla dall’aspetto lucido e liscio.

soba ko

Dosi x 4 porzioni
 240 gr farina di grano saraceno, 160 gr farina di grano tenero, 200 cc acqua 

La sfoglia

Niente forza, solo tecnica. Dopo aver formato un piccolo disco con il palmo della mano, si inizia a stendere l’impasto con il mattarello. Il foglio viene srotolato e riavvolto più volte partendo sempre da un angolo in modo da fargli assumere una forma quadrata. Quando ha raggiunto la dimensione del mattarello, si tira la sfoglia con le mani strette a pugno che scorrono dall’interno all’esterno del mattarello e viceversa. Comunque si proceda l’obiettivo è ottenere un sfoglia sottile di pasta quadrata e senza incrinature. Ora, si piega la sfoglia in una forma rettangolare di molti strati. È necessario cospargere generosamente di farina tra uno strato e l’altro per evitare che i lembi si attacchino. La larghezza del rettangolo non dovrebbe superare la lunghezza del coltello però è bene ricordare che la soba deve risultare lunga e stretta.

Il taglio

Ritmo e precisione. In questa fase è importante mantenere un ritmo costante e fare attenzione affinché i tagliolini risultino sottili e di grandezza uguale. Le prime volte è abbastanza complicato ma con un pò di pratica tutto migliora. Gesti sapienti tramandati da generazioni che ci  collegano  alla terra e a quel rapporto intimo tra il cibo e la sua cultura. Morale: un buona soba è una lunga sequenza di operazioni che richiedono pratica, pazienza, precisione, amore per il dettaglio. È decisamente più comodo comprarla al supermercato o mangiarla al ristorante ma provare almeno una volta può farci ricordare che nulla è mai scontato nemmeno in un semplice piatto di pasta.

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La cottura

Non mi toccare. La soba va buttata in acqua bollente per circa un minuto. La pentola deve essere capiente e la quantità non deve essere eccessiva altrimenti raffredderebbe l’acqua allungando il tempo di cottura. È una pasta molto fragile e non va mescolata durante questa fase. Dopo una manciata di secondi la vedrete emergere in superficie; a questo punto va scolata e risciacquata sotto l’acqua fredda per fermare la cottura. Poi passata un attimo in acqua gelida ottenendo la giusta consistenza che deve essere rigorosamente “al dente”.

cottura

Come si consuma

Uno dei modi più comuni è detto kake soba (soba in brodo) dove viene servita in un brodo bollente chiamato tsuyu fatto con dashi (un brodo leggero di pesce), salsa di soia, mirin (un distillato di riso dal sapore dolce) insieme a fettine di negi (cipollotto). Per ottenere delle varianti piu’ ricche e con nomi diversi, si possono aggiungere nel brodo o a parte tenpura, verdure, carne ed altro. Ottima soprattutto nelle fredde giornate d’inverno o dopo una passeggiata in montagna specialmente se gustata in una tipica soba-ya.

La zaru soba e’ invece consumata fredda e prende il nome dal piatto di bambù su cui viene servita. Si prende una piccola quantità di soba dal piatto di portata e la si immerge in una ciotolina a parte che contiene uno tsuyu più concentrato a cui vengono aggiunti negi e wasabi grattugiato, possibilmente fresco per esaltarne il sapore. Un piatto molto leggero e popolare soprattutto nelle calde giornate estive da assaporare anche in riva al mare sempre nelle tradizionali soba-ya. Al termine del pasto si usa anche aggiungere allo tsuyu un pò dell’acqua di cottura della soba gustandone qualche sorso.

 

…un po’ di storia

La soba è un piatto che ha origine in Cina dove la sua coltivazione risale al 4000-5000 ac.. In Giappone se ne trovano tracce molto antiche ma il suo consumo iniziò a diffondersi soba_toyokunisoprattutto nel periodo Nara anche se la tipica forma a tagliolino conosciuta oggi, divenne popolare intorno al XVI-XVII secolo e apprezzata dalle masse in particolare nella regione di Tokyo. A quell’epoca si  vendeva per le strade tanto che il suo consumo si diffuse rapidamente in tutto il paese fino ai giorni nostri. In questa stampa di Utagawa Toyokuni (1769-1825)  i numeri 2 “二” (ni) e 8 “八” (hachi) indicano secondo alcuni la miscela dell’impasto tradizionale con 2 parti di farina di grano tenero e 8 parti di grano saraceno; la cosidetta 2:8 (ni hachi soba) popolare nel periodo Edo. Altre teorie suggeriscono che queste cifre si riferiscono al prezzo di un piatto di soba  corrispondente a 2×8=16 mon, la moneta di quel periodo.

Se ne avrete l’occasione provatela calda o fredda a seconda della stagione, facendovi magari consigliare da qualcuno le prime volte su come mangiarla e possibilmente in una soba-ya, dove spesso viene fatta a mano con il nome di teuchi-soba (te=mano, uchi=flessione del verbo utsu “preparare“). Insomma chi l’avrebbe detto che un piatto di pasta potesse raccontarci cosi tanto? 

12 commenti Aggiungi il tuo

  1. CarmelaCarmela ha detto:

    Medesima tecnica che uso per fare le linguine a mano che poi vengono mangiate in minestra con le lenticchie e condite con polvere di peperoni dolci fritta in aglio ed olio. Minestra lucana! : )

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    1. tokyomelange ha detto:

      A dir poco favolosa. Grazie!

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  2. venereisterica ha detto:

    Del Giappone ho adorato praticamente tutto! La cucina giapponese è stata per me un altro “viaggio” nel viaggio.

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  3. tokyomelange ha detto:

    Mi fa piacere sentire l’entusiasmo delle tue parole. Bello davvero…

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  4. Gastroviaggi ha detto:

    Una delle specialità giapponesi che ricordo con più nostalgia, gustata in uno spettacolare soba-ya ad Arashiyama. Quanta cura in un piatto apparentemente semplice!

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    1. tokyomelange ha detto:

      Soba ad Arashiyama…poesia nella poesia. Bello sentire di questa esperienza!

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  5. ombreflessuose ha detto:

    Amante della pasta, in particolare quella fatta in casa, ho veramente apprezzato l’ articolo su questo piatto Giapponese che non conoscevo
    Mi piacerebbe provarlo, grazie mille

    Una bella sera a te
    Mistral

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    1. tokyomelange ha detto:

      Sono sicura ti piacerebbe moltissimo! In effetti e’ ancora poco conosciuto e proprio per questo ho pensato di parlarne.
      Grazie a te per le belle parole

      Felice giornata
      tokyomelange

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  6. elisabettapend ha detto:

    molto interessante, adoro la soda fredda! ma davvero in giappone la fanno a mano?? ❤

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    1. tokyomelange ha detto:

      Felice di conoscerti e bello sapere che ti piace la soba! Anch’io l’adoro…in realta’ di solito in Giappone si compra gia’ pronta -un po’ come la ns pasta- ma chi ama questo piatto spesso lo prepara anche in casa.

      Grazie per essere passata e buona settimana🍜

      tokyomelange✨

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